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Il settore retail in Russia ai tempi della pandemia - 08/04/2020

Sia gli operatori che i proprietari chiedono a gran voce aiuti al governo


Cosa chiedono i retailer

A seguito delle iniziative promosse dal governo della Federazione Russa per contrastare la diffusione del coronavirus molti operatori dei settori dell'abbigliamento e delle calzature si sono uniti per chiedere aiuto alle autorità con una lettera congiunta indirizzata al Primo Ministro Mikhail Mishustin, pregandolo di adottare urgentemente un pacchetto di misure di emergenza a sostegno della categoria per evitare il rischio di fallimenti a raffica.

All'iniziativa hanno aderito circa 50 retailer, tra cui nomi molto noti quali Hugo Boss, la catena di profumerie Rive Gauche, il gruppo Inventive Retail Group (che gestisce i negozi di diversi marchi tra cui Nike, Lego, Samsung, Sony e re:Store),  il gruppo BNS (Calvin Klein, Karl Lagerfeld, Ralf Lauren Polo, Tommy Hilfiger), Stockmann, Ralf Ringer, Baon, Samsonite, TUMI, Lady&Gentleman, il gruppo NoOne, Tervolina, Rendezvous, Finn Flare, Charuel, Kanzler, InCity, la catena di gioiellerie Adamas, Trussardi, la catena di profumerie e cosmetici L'Etoile ed altri.

Gli autori della lettera hanno chiesto tra le altre cose la proroga dei pagamenti dell'IVA e delle imposte sugli utili, e di sostenere parallelamente anche i proprietari degli immobili con una dilazione degli interessi dovuti per il 2020 sui finanziamenti bancari. Questo perché solo così questi ultimi avrebbero la possibilità di venire incontro alle esigenze dei  conduttori ed accordare riduzioni temporanee dei canoni di locazione.

Secondo computi preliminari orientativi, fallimenti di massa nel settore potrebbero far perdere all'Erario russo qualcosa come 1000 miliardi di rubli di tasse, senza contare che in Russia milioni di persone sono impiegate in catene di negozi di vendita al dettaglio, ragion per cui sconvolgimenti simili si tradurrebbero ineluttabilmente in problemi sociali difficilmente sostenibili per il paese.

Cosa chiedono i proprietari dei centri commerciali

Allo stesso tempo ovviamente anche sull'altro lato della "barricata" le cose non vanno meglio: i centri commerciali stanno registrando un calo senza precedenti del numero di visitatori. Tutte le attività di intrattenimento, i negozi non alimentari, i cinema, i caffè e i ristoranti hanno sospeso il loro lavoro e ciò non poteva non ripercuotersi molto negativamente anche sul destino dei locatori. Non a caso i proprietari di molti complessi di questo tipo paventano ora a propria volta un possibile fallimento dell'intero settore.

A San Pietroburgo i rappresentanti di alcuni dei principali centri commerciali della città hanno formalmente chiesto aiuto al governatore della città Alexander Beglov con una lettera congiunta cui hanno aderito circa una decina di proprietari contenente proposte su come le autorità potrebbero sostenere un settore che è venuto a trovarsi sull'orlo del baratro.

Le aziende chiedono agevolazioni fiscali ed esenzioni temporanee dalle ispezioni. Inoltre, si propone di includere i centri commerciali nell'elenco dei settori maggiormente danneggiati dalla pandemia, il che permetterebbe di usufruire di esenzioni o delazioni nel pagamento degli interessi sui mutui o di ottenere prestiti a condizioni privilegiate. Inoltre, i proprietari dei centri commerciali di San Pietroburgo chiedono di riconoscere la forza maggiore in caso di insolvenza dei prestiti bancari in quanto anche questo potrebbe contribuire ad evitare fallimenti a tappeto.

Nella lettera si sottolinea inoltre come il crollo del settore provocherebbe non solo licenziamenti di massa - visto che nei centri commerciali della città lavorano più di 30.000 persone - ma anche la chiusura delle farmacie e dei negozi di alimentari situati al loro interno, un forte calo dei valori degli immobili commerciali, il mancato rimborso dei finanziamenti bancari su larga scala e altre gravi conseguenze.

Stando ai promotori dell'iniziativa inoltre il numero di visitatori nei centri commerciali della città è crollato del 90% e gli affittuari degli spazi chiusi non sono in grado di pagare l'affitto e chiedono massicciamente esenzioni fiscali, mentre i proprietari ad oggi continuano ad essere obbligati a pagare le tasse e le bollette per le utenze come se nulla fosse cambiato.

Inoltre  al momento pur non volendo dare disdetta ai contratti in essere, molti affittuari chiedono ai locatori di rivederne le condizioni. In particolare taluni propongono di pagare invece del canone fisso una percentuale sul fatturato il che, ovviamente, non risulta conveniente per i centri commerciali.

La speranza dunque è che le autorità cittadine adottino anche qui misure in sostegno dei proprietari tra cui ad esempio la riduzione dell'imposta sugli immobili per quei centri commerciali che verranno incontro ai conduttori e accorderanno loro sconti o altre forme di compromessi in questa fase così delicata.

 

Alessandro Alessio
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