Acquistare immobili vincolati dalle Belle Arti in Italia, pro e contro



Come tutti sanno l'Italia vanta un patrimonio artistico-architettonico invidiabile ed ogni città della Penisola è costellata da una miriade di edifici che sono delle vere e proprie opere d'arte dall'elevatissimo pregio storico e culturale e spesso individuano l'identità stessa dei luoghi in cui sono inseriti, retaggio di una storia plurimillenaria e frutto di un costante arricchimento determinato da dominazioni “illuminate” ed incroci di culture.

Chiediamo all'Arch. Gianluca Paron, titolare dell’omonimo studio di progettazione in Trieste, delucidazioni su quello a cui vanno incontro gli investitori locali e i tanti stranieri che bramano di mettere mano su un "pezzo di storia" del Belpaese.

D - Gianluca, prima di tutto, che origini ha il concetto di “tutela”?

R – Piccola, ma utile, lezione di storia. Nella Penisola la sensibilità al concetto del “monumento” la si ha fin dai tempi dei Romani, ma i primi tentativi di dare delle norme legislative al settore della conservazione si svilupparono solo nello Stato della Chiesa in epoca rinascimentale. Risale infatti al 1515 la nomina, da parte di Papa Leone X, di Raffaello, quale primo Ispettore Generale delle Belle Arti, personaggio – piace ricordarlo - di cui proprio quest’anno ricorre il 500° anniversario della morte. Da quel momento in poi si succedettero diverse bolle papali che, a conclusione delle spoliazioni diffuse nel periodo napoleonico, trovarono un compendio nell’emanazione del 7 aprile 1820 di un nuovo provvedimento, l’Editto Pacca, che divenne il testo legislativo più innovativo e moderno e fu il modello al quale si ispirò sia la legislazione coeva che quella futura. L’Editto Pacca, affrontò numerosi punti: la tutela era estesa a molte tipologie di beni, regolamentava gli scavi archeologici e le esportazioni, stabiliva il principio della catalogazione, prevedeva vincoli anche sui beni privati e in tal senso venivano istituiti precisi organi di controllo.

 D - Ma da quando esiste in Italia una legge per la tutela dei Beni architettonici?

R – Dopo il 1860 lo Stato italiano continuò a far riferimento all’Editto Pacca, in particolare per la regolamentazione del mercato dell’arte. I primi tentativi di legislazione di tutela furono del 1872, ma bisognò attendere il 1902 per avere una prima legge, la n. 185/1902. Tuttavia solo nel 1909, con la legge Rosadi, n.364/1909, si ebbe per la prima volta una norma organica di tutela dei beni culturali, i cui punti fondamentali erano i seguenti: l’inalienabilità dei beni demaniali e del patrimonio pubblico, il regime vincolistico per la proprietà privata, attuata attraverso lo strumento della notifica, l’istituzione del diritto di prelazione dello Stato nel caso di alienazione dei beni dei privati e l’istituzione delle Soprintendenze come uffici periferici dello Stato di controllo sul territorio. Nel 1939 vennero emanate le principali leggi dello Stato italiano in materia di tutela dei beni culturali, leggi note anche con il nome di Bottai, allora ministro del governo alla Pubblica Istruzione: la legge 1089/1939 tutela le cose di interesse storico ed artistico e la legge 1497/1939 tutela le bellezze naturali. Per completezza, ricordo che solo nel 1999, con il D.Lg. 490/1999, tutta la legislazione in materia di beni culturali venne riorganizzata nel Testo Unico e, per armonizzare la legislazione dei beni culturali alle modifiche costituzionali, il Parlamento diede delega al Governo, con l’art. 10 della legge n. 137 del 6 luglio 2002, di emanare un nuovo Codice dei Beni Culturali. Questo Codice è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 gennaio 2004 ed è entrato in vigore il 1 maggio 2004 ed è tuttora vigente.

D - Tipicamente quali sono i vincoli più diffusi?

R – In sostanza sono principalmente due. I primi sono i vincoli architettonici o “beni culturali” propriamente detti: sono i beni tutelati ai sensi della parte II del Codice dei Beni Culturali (D.Lgs. 42/2004) e possono essere singoli edifici, piccoli gruppi di edifici, oppure ville storiche, o anche altro. Sono beni tutelati perché la loro storia, o le loro forme, o ancora i loro materiali, sono testimonianza della cultura, della storia o dell'arte del nostro Paese e, quindi, occorre vigilare affinché non vengano distrutti o modificati in modo tale che non si possa più leggere in quei monumenti la preziosità che rappresentano. I secondi sono i vincoli paesaggistici e dei beni d'insieme: il suolo può essere privato, ma il paesaggio è di tutti. Questo vincolo in realtà è quello che produce più incongruenze: spesso sovrasta aree di città che tutto sembrano tranne che bei paesaggi da tutelare. Sono vincoli istituiti e tutelati ai sensi della parte III del Codice dei Beni Culturali, e molto spesso riguardano vaste, anche vastissime, porzioni di territorio, ma può capitare di imbattersi in vincoli paesaggistici che individuano un solo fabbricato ed il suo piccolo appezzamento di terreno circostante. A corollario dei primi due punti, che sono vincoli tutelati dalla norma nazionale, possono esistere delle forme vincolistiche "minori", istituite dai singoli piani regolatori, che introducono dei livelli di sorveglianza anche per immobili non necessariamente tutelati ai sensi del Codice.

D - Sono ancora previsti contributi regionali per il ripristino dei beni immobiliari vincolati dalle Belle Arti? E' sempre possibile o realistico per i proprietari di questi immobili ottenerli?

R – Il Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” stabilisce che i soggetti pubblici e privati hanno l’obbligo di garantire la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza e che gli oneri finanziari per gli interventi conservativi sono posti a loro carico. La normativa di tutela prevede la facoltà, da parte dell’Amministrazione, di contribuire alle spese sostenute dal proprietario per il restauro dei beni di interesse architettonico. I contributi erogati per lavori finalizzati alla conservazione dei beni sono definiti dagli artt. 35, 36 e 37 del D.Lgs 42/2004 e riguardano i contributi in conto capitale (per le spese sostenute dai proprietari, possessori, detentori per lavori e restauri eseguiti su beni di interesse architettonico approvati a norma degli artt. 21 e 22 del D.Lgs 42/2004) e i contributi in conto interesse (per i mutui accordati da istituti di credito ai proprietari, possessori e detentori per la realizzazione degli interventi di restauro a norma degli artt. 21 e 22 del D.Lgs 42/2004). E’ suggerito sempre il tentativo di richiesta, anche se sovente non vengono evase per mancanza di fondi delle singole Soprintendenze. Ciò significa che in taluni casi dipende in quale regione italiana si trova in bene.

D - A molti investitori piace l'idea di trasformare edifici antichi siti nei centri storici (ma anche residenze d'epoca e castelli) in strutture ricettive quali alberghi, boutique-hotel o simili. E' più complessa la procedura per il cambio di destinazione d'uso di un immobile vincolato rispetto ad edifici privi di questo genere di vincoli, o tutto dipende solo dal piano regolatore locale e dalla salvaguardia dei singoli elementi vincolati?

R – Si deve considerare che il recupero di un bene vincolato, ma in cattivo stato, non può prescindere, se da parte di un privato, di una nuova messa a rendita. E’ pertanto molto usuale assistere a mutamenti di destinazioni d’uso originali per dar nuova vita all’immobile. E questo anche le Amministrazioni, naturalmente, lo sanno. Purché infatti nel rispetto della tutela del bene – e quindi dei vincoli prescritti – le locali Soprintendenze accettano cambi di destinazioni d’uso che, peraltro, devono essere compatibili con quanto previsto nel piano regolatore generale comunale. Qualora ciò non fosse possibile, il proprietario ha comunque la possibilità di chiedere una variante allo stesso (forte di opportune ed esaustive motivazioni). 

D - I proprietari di immobili vincolati dalle Belle Arti godono di altri vantaggi o sgravi dal punto di vista fiscale?

R – II vincolo storico-artistico può convenire, soprattutto se riguarda un immobile, perché permette di versare in misura ridotta tutti i principali tributi e consente contratti di locazione libera. Viceversa tutti gli altri vincoli a tutela del valore ambientale di un fabbricato pongono solo limiti al diritto di proprietà senza attribuire alcun vantaggio. Le agevolazioni fiscali attualmente in vigore sono diverse e decisamente allettanti. Di seguito propongo solo l’elenco completo, ma non esauriente, dei benefici e che riguardano: imposte sui redditi, agevolazioni fiscali relative alle spese a carico del proprietario, imposte di registro, ipotecarie e catastali, imposte di successione e donazione, imposta comunale sugli immobili, Art Bonus.

D - Quali sono a grandi linee le tempistiche tipiche per l'ottenimento dei permessi per la ristrutturazione o il cambio di destinazione d'uso per immobili vincolati?

R – Spesso polemizzo affermando che la mia professione non affronta una “scienza esatta” e pertanto i costi, ma soprattutto i tempi per ottenere le giuste autorizzazioni non sono certi. Va chiarito infatti che le autorizzazioni (o i dinieghi) sulle trasformazioni di edifici vincolati si basano su giudizi che sono soggettivi. Pertanto è possibile imbattersi, da parte dei tecnici che istruiscono la pratica, in richieste di integrazioni o modifiche calate dall’alto. Ragionevolmente, una volta presentato il progetto alla Sovrintendenza di competenza, l’iter non supera i 2-3 mesi. Altra questione è poi successivamente affrontare le concessioni urbanistiche da parte dell’Amministrazione comunale: dipende infatti dall’entità dell’intervento. In questo caso il range temporale prevede la cantierabilità immediata a seguito del deposito del progetto oppure un’attesa che può arrivare ai 4-5 mesi.

D - Qual è stato l'intervento più sorprendente (o "audace") di conversione di un immobile vincolato in Italia a cui hai preso parte in prima persona o in cui ti è capitato di imbatterti?

R – Ce ne sono stati diversi, in quanto mettere mano a beni storici nasconde infinite sorprese e scoperte. E’ stata indubbiamente affascinante l’esperienza da direttore del cantiere di Palazzo Marenzi a Trieste. Si trattava della completa ristrutturazione dello storico edificio costruito nel 1650 dall’omonima famiglia originaria del bergamasco, posizionato nell’antico ghetto cittadino, alle spalle del “salotto buono” della città di Trieste. Dalle fondamenta sino alla copertura del tetto è stato un continuo stupore nel riscoprire metodologie costruttive, vecchi passaggi cancellati dalla storia, lapidi in pietra e reperti vari. A questa esperienza ne abbinerei un’altra però, di qualche anno prima. Non si trattava di una realizzazione, ma di un rilievo. Ricevetti infatti l’incarico di rilevare tutto il complesso monasteriale di San Cipriano, sempre a Trieste, che si trova lungo le pendici del colle di San Giusto, altura generatrice dell’urbs tergestina. Il monastero, sorto alla fine del XIII secolo, doveva essere dismesso e trasferito fuori città in un’altra struttura meglio dimensionata per le povere esigenze attuali dell’ordine monacale. Ma nel mio incarico erano ancora ben presenti le suore di clausura, con le quali è impossibile interfacciarsi, se non per la mia eccezione. Indescrivibile narrare il dedalo di percorsi e stanze, creati per soddisfare le necessità di una comunità religiosa che nel corso dei secoli è stata come un polmone che si gonfiava e si sgonfiava.

 

Alessandro Alessio
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Regens International cerca acquirenti per albergo fronte mare "off-market" sulla Riviera di Abbazia

NEWS: Regens International è stata incaricata di raccogliere offerte da potenziali acquirenti per un mini-hotel fronte mare sulla Riviera di Abbazia. 

Per visionare informazioni preliminari sulla proposta cliccare > qui
Maggiori dettagli su richiesta: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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La Duma approva misure a sostegno degli affittuari di immobili - 05/04/2020

In data 31 marzo la Duma ha approvato una legge speciale che prevede la possibilità per gli affittuari di richiedere ai proprietari la proroga del pagamento del canone per il periodo in cui - per effetto della pandemia o delle misure adottate per contrastarne la diffusione - ne viene limitata l'attività. Il locatore sarà tenuto a sottoscrivere un accordo integrativo con il richiedente entro 30 giorni dalla ricezione della relativa comunicazione.

Hanno diritto ad avanzare la richiesta i conduttori che abbiano sottoscritto contratti di locazione prima dell'introduzione del regime di emergenza nel soggetto della Federazione Russa in cui è situato l'immobile. Condizioni e tempistiche dovranno venire fissate dal governo.

La legge prevede anche che l'entità del canone di locazione possa venir modificata di comune accordo tra le parti in qualsiasi momento nel corso del 2020. Il conduttore inoltre ha diritto a richiedere la riduzione dell'affitto per il periodo in cui - a seguito delle misure introdotte dalle autorità per arginare la diffusione del contagio - l'immobile non risultasse fruibile.

Con questa nuova norma il Parlamento ha anche conferito al governo l'autorità di fissare le specifiche temporanee per l'applicazione di eventuali penali o altre sanzioni finanziarie nei confronti dei costruttori per inadempienze commesse nell'ambito di contratti per immobili in costruzione, tra cui per eccessivi ritardi nella consegna ed altre.

Nel commentare il testo della norma alcuni giuristi hanno rilevato la presenza di diversi punti un po' "oscuri": prima di tutto non è ben chiaro se detta proroga sia da considerarsi una "sospensione temporanea" dei pagamenti o semplicemente la loro dilazione nel tempo; con buona probabilità ciò verrà lasciato agli accordi individuali tra locatori e conduttori.

Inoltre, a giudicare dalla terminologia utilizzata, molti commentatori hanno espresso dubbi sul fatto che la legge sia da considerarsi estesa anche ai contratti di locazione di immobili residenziali e propendono a considerare che sia riferita (o almeno, di fatto, applicabile) solo agli immobili commerciali. Considerate le specifiche della realtà russa difatti, resta il sospetto che nei rapporti tra privati (come quasi sempre capita nel caso dell'affitto di appartamenti) tutto dipenderà esclusivamente dal buon senso dei proprietari di turno.

Va detto che già in precedenza il Comune di Mosca aveva adottato alcune misure preventive a supporto delle aziende che affittano terreni o immobili di proprietà comunale, prevedendo la totale esenzione dal pagamento dei canoni dovuti per tutto il periodo di interruzione forzata delle rispettive attività. Ad esempio agli operatori del settore alberghiero, dei servizi legati al turismo e della ristorazione il termine dei pagamenti per i mesi di aprile, maggio e giugno dell'anno corrente è stato prorogato al 31 dicembre 2020. Ciò però, come detto, riguarda solamente le aziende che affittano beni immobili di proprietà della Città di Mosca.

 

Alessandro Alessio
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Il settore retail in Russia ai tempi della pandemia - 08/04/2020

Sia gli operatori che i proprietari chiedono a gran voce aiuti al governo


Cosa chiedono i retailer

A seguito delle iniziative promosse dal governo della Federazione Russa per contrastare la diffusione del coronavirus molti operatori dei settori dell'abbigliamento e delle calzature si sono uniti per chiedere aiuto alle autorità con una lettera congiunta indirizzata al Primo Ministro Mikhail Mishustin, pregandolo di adottare urgentemente un pacchetto di misure di emergenza a sostegno della categoria per evitare il rischio di fallimenti a raffica.

All'iniziativa hanno aderito circa 50 retailer, tra cui nomi molto noti quali Hugo Boss, la catena di profumerie Rive Gauche, il gruppo Inventive Retail Group (che gestisce i negozi di diversi marchi tra cui Nike, Lego, Samsung, Sony e re:Store),  il gruppo BNS (Calvin Klein, Karl Lagerfeld, Ralf Lauren Polo, Tommy Hilfiger), Stockmann, Ralf Ringer, Baon, Samsonite, TUMI, Lady&Gentleman, il gruppo NoOne, Tervolina, Rendezvous, Finn Flare, Charuel, Kanzler, InCity, la catena di gioiellerie Adamas, Trussardi, la catena di profumerie e cosmetici L'Etoile ed altri.

Gli autori della lettera hanno chiesto tra le altre cose la proroga dei pagamenti dell'IVA e delle imposte sugli utili, e di sostenere parallelamente anche i proprietari degli immobili con una dilazione degli interessi dovuti per il 2020 sui finanziamenti bancari. Questo perché solo così questi ultimi avrebbero la possibilità di venire incontro alle esigenze dei  conduttori ed accordare riduzioni temporanee dei canoni di locazione.

Secondo computi preliminari orientativi, fallimenti di massa nel settore potrebbero far perdere all'Erario russo qualcosa come 1000 miliardi di rubli di tasse, senza contare che in Russia milioni di persone sono impiegate in catene di negozi di vendita al dettaglio, ragion per cui sconvolgimenti simili si tradurrebbero ineluttabilmente in problemi sociali difficilmente sostenibili per il paese.

Cosa chiedono i proprietari dei centri commerciali

Allo stesso tempo ovviamente anche sull'altro lato della "barricata" le cose non vanno meglio: i centri commerciali stanno registrando un calo senza precedenti del numero di visitatori. Tutte le attività di intrattenimento, i negozi non alimentari, i cinema, i caffè e i ristoranti hanno sospeso il loro lavoro e ciò non poteva non ripercuotersi molto negativamente anche sul destino dei locatori. Non a caso i proprietari di molti complessi di questo tipo paventano ora a propria volta un possibile fallimento dell'intero settore.

A San Pietroburgo i rappresentanti di alcuni dei principali centri commerciali della città hanno formalmente chiesto aiuto al governatore della città Alexander Beglov con una lettera congiunta cui hanno aderito circa una decina di proprietari contenente proposte su come le autorità potrebbero sostenere un settore che è venuto a trovarsi sull'orlo del baratro.

Le aziende chiedono agevolazioni fiscali ed esenzioni temporanee dalle ispezioni. Inoltre, si propone di includere i centri commerciali nell'elenco dei settori maggiormente danneggiati dalla pandemia, il che permetterebbe di usufruire di esenzioni o delazioni nel pagamento degli interessi sui mutui o di ottenere prestiti a condizioni privilegiate. Inoltre, i proprietari dei centri commerciali di San Pietroburgo chiedono di riconoscere la forza maggiore in caso di insolvenza dei prestiti bancari in quanto anche questo potrebbe contribuire ad evitare fallimenti a tappeto.

Nella lettera si sottolinea inoltre come il crollo del settore provocherebbe non solo licenziamenti di massa - visto che nei centri commerciali della città lavorano più di 30.000 persone - ma anche la chiusura delle farmacie e dei negozi di alimentari situati al loro interno, un forte calo dei valori degli immobili commerciali, il mancato rimborso dei finanziamenti bancari su larga scala e altre gravi conseguenze.

Stando ai promotori dell'iniziativa inoltre il numero di visitatori nei centri commerciali della città è crollato del 90% e gli affittuari degli spazi chiusi non sono in grado di pagare l'affitto e chiedono massicciamente esenzioni fiscali, mentre i proprietari ad oggi continuano ad essere obbligati a pagare le tasse e le bollette per le utenze come se nulla fosse cambiato.

Inoltre  al momento pur non volendo dare disdetta ai contratti in essere, molti affittuari chiedono ai locatori di rivederne le condizioni. In particolare taluni propongono di pagare invece del canone fisso una percentuale sul fatturato il che, ovviamente, non risulta conveniente per i centri commerciali.

La speranza dunque è che le autorità cittadine adottino anche qui misure in sostegno dei proprietari tra cui ad esempio la riduzione dell'imposta sugli immobili per quei centri commerciali che verranno incontro ai conduttori e accorderanno loro sconti o altre forme di compromessi in questa fase così delicata.

 

Alessandro Alessio
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Fiscalità immobiliare in Russia: novità entrate in vigore nel 2020 - 03/04/2020

Se con la Legge Federale n.424 del 27 novembre 2018 erano già state apportate modifiche ad alcuni articoli del Codice Tributario della Federazione Russa che avevano stabilito, tra le altre cose, l'esenzione per i non-residenti fiscali dal pagamento di imposte all'atto della rivendita di immobili nel caso fossero decorsi almeno 5 anni dalla data di acquisizione del titolo di proprietà, dal 1° gennaio 2020 sono entrate in vigore ulteriori novità che hanno reso ancor più appetibili gli investimenti nel paese anche per coloro che non vi risiedono stabilmente.

Restano inalterate inoltre le detrazioni previste - applicabili però, purtroppo, solo ai residenti fiscali - nel caso di rivendita prima della scadenza del periodo prefissato. I cambiamenti riguardano i termini per usufruire dell'esenzione dall'imposta, e viene introdotto il concetto di "immobile unico".

Per i residenti fiscali è previsto quanto segue:

- rivendita dell'unico immobile in proprietà del venditore dopo almeno 3 anni > esenzione totale dall'imposta;
- se si compra un secondo immobile, allora per evitare l'applicazione dell'imposta del 13% sul prezzo di rivendita del primo (in precedenza, unico) bisognerà riuscire a rivendere quest'ultimo entro 90 giorni dall'acquisizione del secondo;
- se il proprietario è intestatario di diverse unità abitative, allora per l'esenzione dall'imposta all'atto della rivendita restano in vigore i termini previsti dalla legge del novembre 2018, ovvero devono decorrere almeno 5 anni;
- in caso di rivendita di immobile prima che decorrano 3 anni dalla data di registrazione del titolo di proprietà, il venditore è tenuto a pagare l'imposta del 13% sulla plusvalenza (differenza tra prezzo di rivendita e prezzo riportato nel contratto d'acquisto); da notare che anche in caso di plusvalenza "zero" si sarà tenuti entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello in cui si è perfezionata la vendita a presentare debita dichiarazione all'Ispettorato fiscale (con saldo dell'eventuale imposta dovuta da effettuare entro il 15 luglio).

Si è esentati dall'obbligo di presentare debita dichiarazione solo nei seguenti casi:
- rivendita dopo almeno 3 anni di immobile acquisito per mezzo di contratto di compravendita prima del 2016;
- rivendita dopo almeno 3 anni di immobile acquisito per mezzo di privatizzazione, successione o donazione da parente stretto;
- rivendita dopo almeno 3 anni dell'unico immobile residenziale in proprietà;
- rivendita dopo almeno 5 anni di immobile acquisito per mezzo di contratto di compravendita dopo il 2016. 

Cosa è cambiato per i non-residenti fiscali

Lo "status fiscale" di un individuo secondo il Codice Tributario della Federazione Russa viene determinato sulla base del punto 2 dell'articolo 207: "residente fiscale" viene ritenuto qualsiasi soggetto (indipendentemente dalla cittadinanza) che trascorra nel paese almeno 183 giorni nel corso di un anno calendariale. Quindi anche un cittadino straniero può acquisire la "residenza fiscale" se risiede in Russia per periodi prolungati, mentre i cittadini russi possono perderla se vivono stabilmente all'estero (o vi trascorrono più di 6 mesi nel corso dell'anno calendariale).

La nuova normativa estende anche ai non-residenti la riduzione del termine per l'esenzione dall'imposta da 5 a 3 anni; cionondimeno è bene sottolineare che nel caso in cui un non-residente alieni l'immobile prima dei 3 anni di cui sopra, nei suoi confronti continuerà a venir applicata l'aliquota d'imposta del 30% sull'intero valore della transazione, e non solo sulla plusvalenza (come previsto invece per i residenti fiscali).

Alessandro Alessio
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