Investire nel residenziale a Mosca

Investire nel residenziale a Mosca - 22/02/2012
Costruire per rivendere o per mettere a reddito?


I costruttori e gli investitori privati spesso si trovano a dover decidere quale strategia d’investimento adottare per trarre maggior profitto dal capitale impiegato nella realizzazione dell’una o dell’altra operazione immobiliare. 
Se parliamo di immobili a destinazione residenziale ad esempio, la domanda tipica è se convenga costruire per immettere nuovamente in vendita il prodotto finito a conclusione lavori, o optare per la messa a reddito dell’immobile, guardando quindi all’investimento in una prospettiva più di lungo termine ?

A giudicare dalle statistiche, la quasi totalità degli investitori attivi sul mercato di Mosca sembra non avere dubbi sul fatto che la prima possibilità sia la più conveniente. Eppure, a conti fatti, la risposta potrebbe non essere così scontata…

Partiamo dal presupposto che in questo genere di operazioni uno degli elementi determinanti per definire la strategia migliore è sicuramente l’orizzonte temporale di uscita dall’investimento. A molti la soluzione più redditizia sembra la prima perché un costruttore può statisticamente aspettarsi margini del 30-40% sulla rivendita del prodotto finito, e di solito il processo di vendita riesce a concludersi entro un certo numero di mesi dalla fine dei lavori.

Tutto sembrerebbe fin troppo facile in questi termini, ma ovviamente la strategia di cui sopra risente fortemente dell’andamento e delle fluttuazioni del mercato: se questo è in fase crescente, allora i margini sono realmente incentivanti, ma in tempi di crisi c’è il rischio di subire contraccolpi economici da cui è difficile poi riaversi. 

Ecco allora che si comincia a prendere in considerazione il “piano-b”. 
Proviamo a fare due conti semplificati. Immaginiamo che oggi un monolocale a Mosca ci venga a costare 5 milioni di rubli (125.000 Euro). Orientativamente possiamo aspettarci una rendita da affitto pari a 25 mila rubli al mese (625 Euro), che equivale ad una redditività dello 0,5% al mese, cioè 6% lordo all’anno. 

Nel calcolo di cui sopra tra l’altro non si tiene conto delle spese aggiuntive in cui l’investitore normalmente incorre nelle sue funzioni di proprietario dell’immobile (quali ad esempio i costi legati all’arredamento, alla gestione e manutenzione, ecc.), nonché delle tasse sui redditi così ricavati. In virtù di suddette “voci di spesa” in termini di redditività annua netta ci si assesterebbe intorno al 4-5%.

Senza dubbio a confrontare i due scenari partendo da un confronto superficiale delle due percentuali (30-40% contro 4-5%) sembra davvero esserci una differenza abissale. Tuttavia, anche se molti specialisti del mercato immobiliare locale giustificano la scelta della maggior parte dei costruttori – che continuano a costruire complessi residenziali per vendere appartamenti, piuttosto che con l’intento di metterli a reddito - gli analisti non sembrano essere del tutto d’accordo sul fatto che questa sia oggettivamente la soluzione più redditizia.

Va detto difatti che gli investitori più esperti (nonché quelli istituzionali) di norma prevedono un orizzonte temporale di uscita dall’investimento di almeno 10 anni, e a queste condizioni le cose cambiano notevolmente.

Gli analisti concordano nell’indicare un rincaro dei valori medi degli immobili pari al 10% annuo, dal che ne consegue che al 5% di reddito annuo sul capitale investito si aggiunge in media l’incrementato valore dell’immobile, per un totale annuo del 15%. Partendo da questo presupposto vediamo come il confronto già non paia più così squilibrato.

In molti poi sostengono che il mercato degli affitti sia molto più affidabile di quello delle vendite, soprattutto considerando che la carenza di liquidità propria renda l’acquisto di un immobile una chimera per ancora troppe persone, soprattutto in virtù del fatto che per molti potenziali acquirenti accendere e sostenere l’onere di un mutuo alle condizioni proposte oggi dalle banche risulta praticamente impossibile.

 

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